ETIMOLOGIA DELLA PAROLA KARATE

Il termine Karate è composto da due ideogrammi: ‘kara’ che significa scavo, spazio prodotto da un certo lavoro, spazio vuoto, immagine del vuoto, e ‘te’ che è la rappresentazione di una mano vista di mezzo profilo, ma anche il fonema di attività, mettersi all'opera. 

La parola giapponese kara-te, nel complesso, si compone di vuoto e mano, non il vuoto in sé, ma in relazione ad un lavoro, ad un'attività, mettersi all’opera per fare il vuoto. 

Il termine zen ku, che indica il vuoto dell'anima, può essere pronunciato anche "kara". 

Questi concetti suggeriscono che il praticante di Karate non utilizzi armi, ma cerchi di allenare la sua mente affinché sia sgombra, vuota da pensieri di orgoglio, vanità, paura, desiderio di sopraffazione; dovrebbe aspirare a svuotare il cuore e la mente da tutto ciò che li ottenebra, non solo nella pratica marziale, ma anche nella vita; quindi una ricerca dell'astrazione da sé stessi, la ricerca del vuoto, obiettivo dello Zazen. 



Il M° G. Funakoshi spiega con queste parole il termine utilizzato: 

"Come uno specchio limpido che riflette senza distorsioni o una valle silenziosa che dà l'eco, così un Karateka deve eliminare tutti i pensieri egoistici e cattivi perché solamente con una mente o una coscienza libera può capire quello che sta imparando. Egli é come un bambù verde vuoto dentro, diritto e con nodi, cioè gentile altruista e moderato" 
Lo stesso maestro Zen Taisen Deshimaru ha più volte sottolineato come l'astrazione aiuti il praticante di qualsiasi arte isolandolo dalle proprie emozioni e rendendolo indipendente dall'atteggiamento di chi, o che cosa, lo circonda.